Nato a Milano nel 1981, Jacopo Di Cera ha iniziato la sua carriera professionale al di fuori dell’ambito artistico, ma ha sempre coltivato una grande passione per la fotografia, che ha studiato con maestri di fama internazionale. Le sue opere fotografiche hanno ottenuto riconoscimento e visibilità in importanti esposizioni ed eventi italiani e internazionali.
Le sue fotografie, frutto di un’attenta ricerca, offrono al pubblico una lettura documentaristica della realtà circostante. Tra le varie tecniche che impiega, una delle più caratteristiche è lo scatto da una postazione zenitale tramite l’utilizzo di un drone, che consente all’artista di ottenere un punto di vista alternativo a quello tradizionale. Grazie a questa tecnica ha sviluppato la serie “Italian Summer” (2017), che indaga sull’identità sociale degli italiani in vacanza.
Altro aspetto fondamentale della sua ricerca artistica è l’approccio al fotomaterismo, uno sviluppo delle sue fotografie che integra in esse l’aspetto materico, trasformandole in oggetti unici e nuovi, in cui la forma è strettamente legata al contenuto. Jacopo sceglie un supporto ben preciso per le sue immagini, spesso legato alla storia insita in esse e, attraverso la commistione delle arti, amplifica la forza del messaggio, favorendo il coinvolgimento degli spettatori nelle vicende narrate. Con questo approccio Jacopo ha sviluppato le serie “Fino alla fine del mare” (2016), dedicato al viaggio in mare affrontato dai migranti, riproducendo close-up delle loro barche su superfici di legno rivestite di resina; “Rumore dell’Assenza” (2019), in memoria del terremoto di Amatrice e delle sue tragiche conseguenze, stampando le immagini su sottilissima carta stropicciata, metafora della fragilità umana; “Mi-Ro” (2020), un racconto sul pendolarismo che celebra il senso del viaggio e l’alienazione che questo comporta.
Secondo l’artista la fotografia deve avere una finalità, soprattutto in questa precisa fase storica, in cui siamo costantemente circondati da una moltitudine di immagini. Con il suo lavoro cerca così di stimolare uno sguardo attivo nel suo pubblico, invitandolo a riscoprire la bellezza del quotidiano.